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Mario Luzi da
POESIE SPARSE (1945-48) |
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Quante ombrose dimore hai già sfiorato,
anima mia, senza trovare asilo:
dal sogno rifluivi alla memoria,
da memoria tornavi ad essere sogno,
per via ti sorprendeva la bufera.
Senza felicità, senza speranza
di quiete - ma guarda come il volto
puramente contiene il suo destino -
a volte ti levavi rischiarata
dalla ragione, a volte ti eclissavi.
Vivi, incredibilmente ti fu dato;
esisti, come sia lo chiedo ancora
al passato, a quest'ora in cui più lieve
la montagna di sé scolpisce il sole
e la sera che il mare fugge e implora.
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Proverbio Sardo
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NEN BELLA SENZA PECCU, NEN FEA SENZA TRACTU.
Non c'è una bella donna senza difetto, nè una brutta
senza grazia |
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Grazia Deledda
(da ELIAS PORTOLU ) |
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[...] se n'andavano lontano, all'ombra delle alte macchie.
Tutto taceva nella metallica quiete del pomeriggio; davanti a loro
i monti pittoreschi di Lula si profilavano nitidi e turchini sul
cielo puro, e in lontananza, tra il verde della brughiera, i cavalli
correvano agilmente, inseguendosi in rapidi giri. Pareva un quadro.
E gli amici, piacevolmente sdraiati sull'erba, si raccontavano l'un
l'altro il loro passato più o meno avventuroso, le leggende
della chiesa, storielle di donne, vicende epiche accadute ai Sardi
antichi...
Fuori la notte era fresca, talvolta quasi fredda: la luna calava
sul vasto occidente, dando alla brughiera un incanto selvaggio.
Oh pallide notti delle solitudini sarde!Il richiamo vibrato, la
selvatica fragranza del timo, l'aspro odore del lentischio, il lontano
mormorio dei boschi solitari, si fondono in un armonia monotona,
malinconica, che dà all'anima un senso di tristezza solenne,
una nostalgia di cose antiche e pure...
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Pedro Salinas
(da Aventura poética) |
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Lo que eres
me distrae de lo que dices.
Lanzas palabras veloces,
empavesadas de risas,
invitándome
a ir donde ellas me lleven.
No te atiendo, no las sigo:
estoy mirando
los labios donde nacieron.
Miras de pronto a lo lejos.
Clavas la mirada allí,
no sé en qué, y se te dispara
a buscarlo ya tu alma
afilada, de saeta.
Yo no miro adonde miras:
yo te estoy mirando mirar.
Y cuando deseas algo
no pienso en lo que tú quieres,
ni lo envidio: es lo de menos.
Lo que quieres hoy, lo deseas;
mañana lo olvidarás
por una querencia nueva.
No. Te espero más allá
de los fines y los términos.
En lo que no ha de pasar
me quedo, en el puro acto
de tu deseo, queriéndote.
Y no quiero ya otra cosa
más que verte a ti querer.
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...Madrid un
anno dopo...11 marzo 2005 |
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11 marzo 2005...una anno fà la tragedia, mi fermo per un
attimo e penso a tutte le volte che di mattina ho preso lo stesso
treno da Alcalà de Henares per Madrid, l'arrivo naturalmente
alla stazione di Atocha. In quel treno portavo con me tutta la spensieratezza
di un ragazzo che viveva un esperienza entusiasmante come quella
dell'erasmus in una terra così calorosa e amabile come la
Spagna. Ricordo gli incontri, quelle chiacchere lunghe o brevi con
i compagni di viaggio occasionali, i sorrisi, le battute di studenti
o lavoratori che si spostavano dalla periferia per la grande Madrid...
ho tutto impresso con me e me lo porto dietro, tesoro inestimabile
di sguardi, attimi, brividi per il corpo e tanto amore e affetto
per una terra e una città che mi ha adottato per un anno
intenso e indimenticabile.
IGx
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Dal "Figlio di Bakunìn"
e da "Bellas Mariposas" (Sergio Atzeni) |
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Il figlio tornava ogni domenica. Portava la paga intera. Molti,
che l’avevano considerato un signorino buonanulla, si sono
ricreduti. Aveva quindici anni, sembrava un bambino, come corpo,
ma l’anima era quella di un uomo fatto. Non andava nei pozzi
di Montevecchio, no, per il suo carattere era un’umiliazione
troppo grande marciare con gli altri minatori all’alba nelle
stesse strade dove aveva camminato a testa alta vestito da signore.
Una mattina entro nella stanza e trovo donna Margherita in piedi
dietro la finestra. Guardava il figlio che si allontanava. Piangeva.
Si è girata, mi ha visto. Non ho avuto il coraggio di dire
una sola parola. Si è asciugata le lacrime col dorso della
mano e ha fatto una smorfia come se dicesse:
<<Che vuoi farci?>> e ha soggiunto <<Tullio va
in miniera per darmi da mangiare, ma all’età sua potrebbe
studiare e farsi valere nel mondo, perchè è buono,
è bello, e non è stupido >>.
Passano pochi giorni e una mattina non si leva dal letto. <<Ho
male al costato>> dice. Quella notte è morta, in silenzio,
senza disturbare nessuno. L’ho lavata e vestita, era bianca
come un’anima del purgatorio, pelle e ossa. I capelli erano
neri, ali di corvo, le ho sciolto la crocchia, erano lunghi fino
a terra, fini e morbidi come seta.
***
***
...abbiamo appoggiato gli asciugamani vicino all’ombrellone
di una signora simpatica che stava allattando e ci siamo tuffate
quando nuoto dimentico casa quartiere futuro mio babbo il mondo
e mi dimentico dovevo nascere pesce mi piace guizzare sotto il pelo
dell’acqua e uscire ogni tanto a respirare e guardare il sole
che scintilla sulle ondine di maestrale o abbaglia sulle onde di
levante che ti succhiano in basso mi piace giocare con le onde allungarmi
perchè mi portino in alto e mi buttino in un gorgo scivolargli
sotto combattendo il risucchio passargli in mezzo spaccandole a
volte sono dure come schiaffi e quando il mare è come ieri
piatto mi piace ascoltare nell’acqua il rumore del mio respiro
che esce e entra ogni tre bracciate mi piace sentire i piedi che
si allargano come mani per spingermi e il movimento a rana delle
gambe Luna nuota uguale preciso gente di Santa Lamenera non c’è
uno che nuota a stile siamo grezzi...
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Fabrizio
de Andrè "Canzone del maggio" dall'Album Storia di un impiegato
(1973) |
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CANZONE DEL MAGGIO
Anche se il nostro maggio
ha fatto a meno del vostro coraggio
se la paura di guardare
vi ha fatto chinare il mento
se
il fuoco ha risparmiato
le
vostre millecento
anche
se voi vi credete assolti
siete
lo stesso coinvolti.
E se vi siete detti
non sta succedendo niente,
le fabbriche riapriranno,
arresteranno qualche studente
convinti che fosse un gioco
a cui avremmo giovato poco
provate pure a credervi assolti
siete lo stesso coinvolti.
Anche se avete chiuso
le vostre porte sul nostro muso
la notte che le "pantere"
ci mordevano il sedere
lasciandoci in buonafede
massacrare sui marciapiede
anche se ora ve ne fregate,
voi quella notte voi c'eravate.
E se nei nostri quartieri
tutto è rimasto come ieri,
senza le barricate
senza feriti, senza granate,
se avete preso per buone
le "verità" della televisione
anche se allora vi siete assolti
siete lo stesso coinvolti.
E se credete ora
che tutto sia come prima
perchè avete votato ancora
la sicurezza, la discipila,
convinti di allontanare
la paura di cambiare
verremo ancora alle vostre porte
e
grideremo ancora più forte
per quanto voi vi crediate assolti
siete per sempre coinvolti,
per quanto voi vi crediate assolti,
siete per sempre coinvolti.
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Alda
Merini - VUOTO D'AMORE [1991] |
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LO SGUARDO DEL POETA [Introduzione a VUOTO D'AMORE]
Se qualcuno cercasse di capire il tuo sguardo
Poeta difenditi con ferocia
il tuo sguardo son cento sguardi che ahimè ti hanno
guardato tremando ***
"SONO NATA IL VENTUNO" [Da Il volume del canto]
Sono nata il ventuno a primavera ma non sapevo
che nascere folle, aprire le zolle potesse
scatenar tempesta.
Così Proserpina lieve vede piovere sulle erbe,
sui grossi frumenti gentili
e piange sempre la sera.
Forse è la sua preghiera. ***
"ALDA MERINI" [Da La gazza ladra - Venti ritratti (1985)]
Amai teneramente dei dolcissimi amanti
senza che essi sapessero mai nulla.
E su questi intessei tele di ragno
e fui preda della mia stessa materia.
In me l'anima c'era della meretrice
della santa della sanguinaria e dell'ipocrita.
Molti diedero al mio modo di vivere un nome
e fui soltanto una isterica. ***
"IL GREMBIULE" [Da La gazza ladra - Venti ritratti (1985)]
Mia madre invece aveva un vecchio grembiule
per la festa e il lavoro,
a lui si consolava vivendo.
In quel grembiule noi trovammo ristoro
fu dato agli straccivendoli
dopo la morte, ma un barbone
riconoscendone la maternità
ne fece un molle cuscino
per le sue esequie vive. ***
"UN ARMONIA MI SUONA" [Da La Terra Santa]
Un'armonia mi suona nelle vene,
allora simile a Dafne
mi trasmuto in un albero alto,
Apollo, perchè tu non mi fermi.
Ma sono una Dafne
accecata dal fumo della follia,
non ho foglie nè fiori;
eppure mentre mi trasmigo
nasce profonda la luce
e nella solitudine arborea
volgo una triade di Dei.
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Da "Assandira" di Giulio Angioni [2004] |
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Cadono ancora gocce rade quando si fa vivo il magistrato con sotto
l’ascella un mazzo di giornali. Ma il cielo adesso è alto. Scampoli
dell’ira si sfilacciano nel fondo azzurro carico. Il sole impone la
sua magnificenza sui luoghi anneriti dall’incendio, ne aspira già
i vapori dopo il temporale. Tutto il mondo intorno si dà un’aria innocente,
con gli uccelli nei chiassi del mattino che dovrebbero mettere allegria.
Per essere tornato qui a quest’ora il magistrato si
dev’essere alzato presto stamattina. Uno che non dorme
la notte o che gli basta poco sonno. Eppure avrà sì
e no quarantacinque anni. Parcheggia fuori dal muretto
che delimita i sei ettari dell’agriturismo Assandira,
sotto la rustica tettoia del parcheggio riservato
a chi viene benvenuto, come assicura una scritta in
cinque lingue e in due varietà di sardo, dove c’è
anche bella grande e ancora leggibile Assandira Map,
che è una mappa dei luoghi tutta piena di balle, come
il luogo dove hanno sparato il bandito Tilocca, e
cose vere come la sorgente Mitza Zedda.
***
Prima del magistrato da lontano si è sentito e visto
un enorme gabbiano in avanscoperta a ispezionare i
resti. Il vecchio ha pensato a come i tempi cambiano,
perché un tempo a ispezionare un luogo rovinato da
un disastro si sarebbe visto un avvoltoio, e poi non
sarebbe arrivato un magistrato in borghese, ma i carabinieri
in divisa da campagna, o i baschi blu in tuta mimetica.
***
Ieri sera il vecchio è rimasto solo. Trapassato
da parte a parte dalla sua disgrazia. Solo, nel rumore
normale della pioggia, acqua che prende all'anima.
Qui dopo tre anni di rumori nuovi e strani, di voci
in lingue forestiere, di suoni e di frastuoni, il
vecchio ha passato questa notte accoccolato per terra
nel pagliaio, la schiena contro il muro, come in altri
tempi col sacco di orbace sulla testa nella pioggia
sotto qualche albero o anfratto.
***
Certe notti di luna Costantino Saru risaliva in cima
a Gennemari con la sua doppietta. Si guardava Assandira
addormentata e mormorava:
ass'andira ass'andira
andira andira e boh!
Bho?Se ne tornava giù inciampando su quei bho!
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EPICURO
[ Samo, 341 a.C. - 270 a.C. ] LETTERA SULLA FELICITA' (a Meneceo)
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Meneceo,
Mai si è troppo giovani o troppo vecchi per la conoscenza
della felicità.
A qualsiasi età è bello occuparsi del benessere dell'animo
nostro.
Chi sostiene che non è ancora giunto il momento di
dedicarsi alla conoscenza di essa, o che ormai è troppo
tardi , è come se andasse dicendo che non è ancora
il momento di essre felice, o che ormai è passata
l'età. Ecco che da giovani come da vecchi è giusto
che noi ci dedichiamo a conoscere la felicità. Per
sentirci sempre giovani quando saremo avanti con gli
anni in virtù del grato ricordo della felicità avuta
in passato, e da giovani, irrobustiti in essa, per
prepararci a non temere l'avvenire. Cerchiamo di conoscere
allora le cose che fanno la felicità, perchè quando
essa c'è tutto abbiamo, altrimenti tutto facciamo
per possederla.
***
Poi abituati a pensare che la morte non costituisce
nulla per noi, dal momento che il godere e il soffrire
sono entrambi nel sentire, e la morte altro non è
che la sua assenza.
***
Consideriamo inoltre una gran cosa l'indipendenza
dai bisogni non perchè sempre ci si debba accontentare
del poco, ma per godere anche di questo poco se ci
capita di non avere molto, convinti come siamo che
l'abbondanza si gode con più dolcezza se meno
da essa dipendiamo.
In fondo ciò che veramente serve non è
difficile a trovarsi, l'inutile è difficile.
I sapori semplici danno lo stesso piacere dei più
raffinati, l'acqua e un pezzo di pane fanno il piacere
più pieno a chi manca.
***
La fortuna per il saggio non è una divinità
come per la massa - la divinità non fa nulla
a caso - e neppure qualcosa priva di consistenza.
Non crede che essa dia agli uomini alcun bene o male
determinante per
la vita felice, ma sa che può offrire l'avvio
a grandi beni o mali. Però è meglio
essere senza fortuna ma saggi che fortunati e stolti,
e nella pratica è preferibile che un bel progetto
non vada in porto piuttosto che abbia successo un
progetto dissennato.
Medita giorno e notte tutte queste cose e altre congeneri,
con te stesso e con chi ti è simile, e mai
sarai preda dell'ansia.
Vivrai invece come un dio fra gli uomini.
Non sembra più nemmeno mortale l'uomo che vive
fra beni immortali.
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Martina
Longobardi - "Sposa e madre " - "Anagramma n° 23 " |
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SPOSA E MADRE
Portami in braccio
all’altare del vecchio tormento.
Lasciami in ginocchio,
sposa e madre di tutto.
Unisci i miei palmi,
ascolta preghiere di coraggio.
Donami fiori e nastri,
tra dita non più nude intrecciali.
Prepara un letto
di mirti e ginestre
ad accogliere vecchi giorni
e nuove vite.
Brucia le carni
con il mare caldo
della notte più lunga.
***
ANAGRAMMA N° 23
Vedo la pelle mia
indelebile segno tirato.
Tocco ruvidi segni,
pazienti e malati.
Alveo recondito,
oscuro antro ostinato ed enigmatico
avvolge rovina estrema.
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Arthur Rimbaud - "VOCALI/VOYELLES" (1872) |
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VOCALI
A nera, E bianca,
I rossa, U verde, 0 blu: vocali!
Un giorno dirò
i vostri ascosi nascimenti:
A, nero vello
al corpo delle mosche lucenti
Che ronzano al di sopra
dei crudeli fetori,
5 Golfi d'ombra; E, candori di vapori
e di tende,
Lance di
ghiaccio, bianchi re, brividi di umbelle;
I, porpore,
rigurgito di sangue, labbra belle
Che ridono di
collera, di ebbrezze penitenti;
U, cicli, vibrazioni
sacre dei mari verdi,
10 Quiete di bestie ai campi, e quiete di ampie rughe
Che l'alchimia
imprime alle fronti studiose.
O, la suprema
Tromba piena di stridi strani,
Silenzi attraversati
dagli Angeli e dai Mondi:
-O, l'Omega, ed
il raggio violetto dei Suoi Occhi!
***
VOYELLES
A noir, E blanc,
I rouge, U vert, O bleu: voyelles!
Je dirai quelque
jour vos naissances latentes:
A, noir corset
velu des mouches éclatantes
Qui bombinent
autour des puanteurs cruelles,
5 Golfes d'ombre; E, candeurs des
vapeurs et des tentes,
Lances des glaciers
fiers, rois blancs, frissons d'ombelles;
I, pourpres, sang
craché, rire des lèvres belles
Dans la colère
ou les ivresses pénitentes;
U, cycles, vibrement
divins des mers virides,
10 Paix des pâtis semés d'animaux, paix
des rides
Que l'alchimie
imprime aux grands fronts studieux;
O, suprême Clairon
plein des strideurs étranges,
Silences traversés
des Mondes et des Anges:
- O l'Oméga, rayon
violet de Ses Yeux!
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Peppino Mereu
(seconda meta' dell '800) - "NANNEDDU MEU" |
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NANNEDDU MEU
Nanneddu meu su mundu est gai,
a sicut erat non torrat mai.
Semus in tempos de tirannias,
infamidades e carestias;
commo sos populos cascan che canes
gridende forte "cherimus pane".
Famidos nois semus pappande
pane e castanza, terra cun lande;
terra ch'a fangu, torrat su poveru
senz'alimentu, senza ricoveru.
Cussas banderas numeru trinta
de binu bonu mudana tinta;
appena mortas cussas banderas
non pius s'osservan imbriagheras.
Semus sididos, issa funtana
pretende s'abba parimus ranas.
Abbocaeddos, laureados,
buzzacas boidas e ispiantados.
Adiosu Nanni, tenet'a contu,
fache su surdu, ghettad'a tontu;
e tantu l'ides: su mundu est gai
a sicut erat non torrat mai.
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NANNEDDU MIO
Nanneddu mio il mondo e' cosi',
cosi' com'era non tornera' mai.
Siamo in tempi di tirannie,
infamita' e carestie;
ora i popoli sbadigliano come cani
gridando forte "vogliamo pane".
Affamati noi stiamo mangiando
pane e castagne, terra con ghiande; terra come fango,
si riduce il povero
senza alimento, senza ricovero.
Quelle compagnie numerose
del vino buono mutano il colore;
appena finite quelle compagnie
non si vedranno piu' sbornie.
Siamo assetati alla fontana
cercando l'acqua sembriamo rane.
Avvocatelli, laureati,
tasche vuote e spiantati.
Addio Nanni, tieniti in conto,
fai il sordo, fingi di esser tonto;
tanto lo sai: il mondo e' cosi'
cosi' com'era non tornera' mai.
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