Un piccolo brano tratto da "IL
DONO DI NATALE"
di GRAZIA DELEDDA
[...] In casa sua si sentiva davvero odore di festa:
odore di torta di miele cotta al forno, e di dolci
confezionati con buccie di arance e mandorle tostate.
Tanto che Felle cominciò a digrignare i denti, sembrandogli
di sgretolare già tutte quelle cose buone ma ancora
nascoste.
La sorella, alta
e sottile, era già vestita a festa; col corsetto di
broccato verde e la gonna nera e rossa: intorno al
viso pallido aveva un fazzoletto di seta a fiori;
ed anche le sue scarpette erano ricamate e col fiocco:
pareva insomma una giovane fata, mentre la mamma,
tutta vestita di nero per la sua recente vedovanza,
pallida anche lei ma scura in viso e con un'aria di
superbia, avrebbe potuto ricordare la figura di una
strega, senza la grande dolcezza degli occhi che rassomigliavano
a quelli di Felle.
Egli intanto traeva dalla bisaccia il porchetto, tutto
rosso perché gli avevano tinto la cotenna col suo
stesso sangue: e dopo averlo consegnato alla madre
volle vedere quello mandato in dono dal fidanzato.
Sì, era più grosso quello del fidanzato: quasi un
maiale; ma questo portato da lui, più tenero e senza
grasso, doveva essere più saporito.
- Ma che festa possono fare i nostri vicini, se essi
non hanno che un po' di uva passa, mentre noi abbiamo
questi due animaloni in casa? E la torta, e i dolci?
- pensò Felle con disprezzo, ancora indispettito perché
Lia, dopo averlo quasi chiamato, gli aveva chiuso
la porta in faccia.
Poi arrivarono gli altri fratelli, portando nella
cucina, prima tutta in ordine e pulita, le impronte
dei loro scarponi pieni di neve, e il loro odore di
selvatico. Erano tutti forti, belli, con gli occhi
neri, la barba nera, il corpetto stretto come una
corazza e, sopra, la mastrucca [1].
Quando entrò il fidanzato si alzarono tutti in piedi,
accanto alla sorella, come per far davvero una specie
di corpo di guardia intorno all'esile e delicata figura
di lei; e non tanto per riguardo al giovine, che era
quasi ancora un ragazzo, buono e timido, quanto per
l'uomo che lo accompagnava. Quest'uomo era il nonno
del fidanzato. Vecchio di oltre ottanta anni, ma ancora
dritto e robusto, vestito di panno e di velluto come
un gentiluomo medioevale, con le uose di lana sulle
gambe forti, questo nonno, che in gioventù aveva combattuto
per l'indipendenza d'Italia, fece ai cinque fratelli
il saluto militare e parve poi passarli in rivista.
E rimasero tutti scambievolmente contenti.
Al vecchio fu assegnato il posto migliore, accanto
al fuoco; e allora sul suo petto, fra i bottoni scintillanti
del suo giubbone, si vide anche risplendere come un
piccolo astro la sua antica medaglia al valore militare.
La fidanzata gli versò da bere, poi versò da bere
al fidanzato e questi, nel prendere il bicchiere,
le mise in mano, di nascosto, una moneta d'oro.
Ella lo ringraziò con gli occhi, poi, di nascosto
pure lei, andò a far vedere la moneta alla madre ed
a tutti i fratelli, in ordine di età, mentre portava
loro il bicchiere colmo.
L'ultimo fu Felle: e Felle tentò di prenderle la moneta,
per scherzo e curiosità, s'intende: ma ella chiuse
il pugno minacciosa: avrebbe meglio ceduto un occhio.
Il vecchio sollevò il bicchiere, augurando salute
e gioia a tutti; e tutti risposero in coro. [...]
[1] È
una sopraveste di pelle d'agnello, nera, con la lana,
che tiene molto caldo.